“Un sorriso per gli anziani”: è questo il nome del progetto lanciato dal policlinico Gemelli, per i pazienti affetti da demenza. Un’iniziativa che vede i medici e i clown unire le loro forze per un unico obiettivo: offrire una terapia che vada aldilà dei farmaci, fatta di emozioni, sentimenti e, soprattutto, sorrisi. Oggi sono circa 50 milioni le persone affette da una forma di demenza in tutto il mondo, e ogni 3 secondi si registra un nuovo caso. L’Alzheimer è la causa più comune. Il progetto del Gemelli è diventato anche un video , dove la forza della terapia del sorriso emerge da ogni piccolo dettaglio.
Solitudine, paura, disorientamento. È ciò che provano le persone anziane affette dalle più diverse forme di demenza. Ma un semplice sorriso è in grado di cambiare il loro stato d’animo. Lo sanno bene i clown che, vestiti di allegria, trasformano la malinconia in gioia. Lo sanno bene quei medici e infermieri che non si accontentano di un approccio soltanto clinico, ma sono attenti anche al lato umano.
Ed è per questo che medici e clown si sono messi in gioco, facendo incontrare e dialogare le proprie rispettive professionalità nel progetto “Un sorriso per gli anziani”, realizzato grazie al contributo non condizionato di Msd Italia, per regalare un sorriso alle persone che vivono quotidianamente a contatto con la demenza, malati e caregiver, ma anche per contribuire ad aumentare il livello di consapevolezza sociale nei confronti di una patologia così importante e che ancora oggi viene spesso sottovalutata. Un progetto che è diventato anche un video dove la forza della terapia del sorriso emerge da ogni piccolo dettaglio.
La demenza
L’Alzheimer è la causa più comune, il 50-60% di tutti i casi, solo in Italia colpisce 1.241.000 persone e comporta l’alterazione progressiva di alcune funzioni, come memoria, pensiero, ragionamento, linguaggio, orientamento, interferendo con le normali attività quotidiane e determinando un progressivo deterioramento della personalità e della vita di relazione.
La terapia del sorriso
Tuttavia, è importante tenere a mente che chi è affetto da demenza è una persona prima di essere un malato. Proprio a partire da questo presupposto, la ‘terapia del sorriso’ è entrata a far parte del ‘protocollo’ di alcuni reparti del Centro di Medicina dell’Invecchiamento (Cemi) del Policlinico Universitario A.Gemelli di Roma. “Un sorriso può fare molto per i pazienti con Alzheimer o con qualunque altra forma di demenza – ha spiegato il geriatra Francesco Landi, Direttore della Uoc di Riabilitazione e Medicina Fisica - perché aiuta a rilassarsi, a recuperare quel rapporto umano che spesso la malattia tende a cancellare. La ‘clownterapia’ nasce per i bambini e la sfida con gli anziani è ancora più difficile: perché spesso sono diffidenti, impauriti, disorientati persino meno disposti alla risata. Bisogna saper dosare l’intervento affinché si sentano coinvolti e confortati”.
“Ma è indubbio – ha continuato Landi - che la terapia del sorriso è da considerarsi una terapia non farmacologica in grado di alleviare alcuni sintomi. E aiutare il paziente a recuperare dei punti di riferimento, sentirsi ‘vivo’, ‘attivo’. E’ un beneficio sensoriale e uno stimolo positivo. Ovviamente il tutto va saputo dosare: per questo i volontari di ‘Sorrisi Gemelli Onlus’, che sono studenti e specializzandi della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, sono stati felici di aver avuto l’opportunità di apprendere le tecniche professionali di Soccorso Clown Onlus. Perché non basta mettersi un naso rosso per saper aiutare un paziente”.
Un sorriso stimola, attraverso dei meccanismi biologici, l’emotività, la capacità di socializzare e aiuta a rilassarsi. Un sorriso aiuta il paziente ma anche chi lo assiste. Spesso il caregiver è altamente stressato, altre volte vive con frustrazione il senso di impossibilità a comunicare con il parente che si sente ormai perso. “Tutto inizia bussando alla porta e chiedendo permesso – ha aggiutnto Yuri Olshansky fondatore di Soccorso Clown Onlus insieme a Caterina Turi e Vladimir Olshansky – perché il rispetto è al primo posto, sempre. Soprattutto nel caso di un paziente fragile come un anziano con demenza. E poi è improvvisazione sul momento, perché le persone non sono tutte uguali, non reagiscono tutte allo stesso modo e bisogna saper toccare le giuste corde del cuore, portando, con competenza e professionalità, nelle corsie degli ospedali l’arte della gioia”.
“Il linguaggio non verbale con questi pazienti è una lezione fondamentale da imparare, per noi operatori ma anche per i parenti – ha continuato Rossella Liperoti dell'Unità Valutativa Alzheimer del Policlinico Gemelli – perché spesso si dimentica che non ci riconoscono, che sono smarriti, spaventati. L’esperienza di chi fa clownterapia con professionalità è stata messa al servizio dei pazienti, ma anche di noi medici e dei familiari. Perché questo tipo di comunicazione non verbale raggiunge corde altrimenti impossibili da toccare. E ci mette tutti nelle condizioni di poter al meglio assistere l’anziano con demenza”.
Oggi sono circa 50 milioni le persone affette da una forma di demenza in tutto il mondo, e ogni 3 secondi si registra un nuovo caso. Proprio quest'anno l'Oms - a testimonianza della rilevanza socio-sanitaria ed economica della malattia - ha adottato il Piano Globale di Azione sulla Risposta di Salute Pubblica alla Demenza 2017-2025, che invita i Governi a raggiungere precisi obiettivi sul fronte di una maggiore consapevolezza della demenza, della riduzione dei rischi, della diagnosi e dell'assistenza, del supporto ai famigliari, ai caregiver, della ricerca.
“Promuovere iniziative di sensibilizzazione per elevare il livello di attenzione alle demenze costituisce un imprescindibile imperativo etico e di responsabilità sociale – ha concluso Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato di Msd Italia. Msd, da oltre dieci anni impegnata nella ricerca di potenziali nuovi approcci terapeutici in questa area, è stata felice e orgogliosa di sostenere un progetto che, attraverso l’incontro di medici e clown professionisti, ha potuto regalare un sorriso a chi quotidianamente si trova a dover fare i conti con la demenza (malati e caregiver), fornendo inoltre alle Persone che ne sono affette un piccolo contributo al miglioramento della qualità dell’assistenza”.